Pagine

mercoledì 5 giugno 2013

comitato basmetto


                                         Salviamo la cascina Basmetto.
S.O.S. Emergenza Paesaggio, dal sito del FAI - Fondo Ambiente Italiano
La Cascina Basmetto è un insediamento rurale, sito in località Chiesa Rossa, che risale, secondo notizie storiche, al XIV secolo. L’area limitrofa alla cascina, oggi occupata da terreni coltivati, è interessata da un Piano di Lottizzazione che prevede la realizzazione di sei edifici per un totale di 88.000 mc di cemento. L’immobile, di proprietà del comune di Milano dal 1942, è sottoposto ad un vincolo architettonico ai sensi del D.Lgs. 42/2004. Art. 10, c. 1, mentre i terreni che circondano la cascina sono in affitto a privati e vengono coltivati per 40 ettari a riso e per circa 10 a mais.
Il Piano di Lottizzazione, se attuato, comprometterà definitivamente lo svolgimento dell’attività agricola e, di conseguenza, causerà una perdita del valore storico dell’edificio rurale.
Il FAI – Fondo Ambiente Italiano - ha scritto alla Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici di Milano in quanto la cascina è vincolata dal 2006 ed è dunque auspicabile che la Soprintendenza valuti con attenzione un intervento così invasivo per l’attività caratterizzante la cascina, cioè quella agricola.
6° Censimento Fai - Fondo Ambiente Italiano - “i luoghi del cuore”


Cascina Basmetto: luogo del cuore

Risalendo da sud la Statale dei Giovi, che corre lungo la sponda del Naviglio Pavese, quando si giunge all’estremo confine del comune di Milano, ci si trova in uno scampolo di terra sospeso tra città e campagna, tra storia e futuro.
 Chi giunge in città si trova di fronte ad una fotografia del presente che dona un’insolita sensazione di bellezza: chi arriva nella metropoli, appena superato il cartello con la scritta Milano, è accolto dalle storiche e rassicuranti mura di una cascina, antichi mattoni rossi disposti a quadrilatero per difendere lo spazio comune dell’aia, tetti spioventi e porticati per difendersi dal maltempo.
La cascina appare come una macchia di colore calata nel verde dei campi, una forma che appare perfetta, una sorta di atollo collocato, in alcune stagioni, nello specchio d’acqua delle risaie.
Questo è un vero angolo di periferia, dove lo sguardo si può lanciare lungo una linea prospettica capace di accompagnare lo spirito di osservazione, dove l’ambiente tiene insieme la fine e l’inizio; è proprio nella periferia che la natura finisce e inizia la costruzione.
Lo sguardo che incontra questi muri di mattoni rossi sente il tempo che scorre, il ritmo delle stagioni, uno sguardo che impara il movimento seguendo lo scorrere delle acque del Naviglio, attraversando l’apertura della campagna, per poi giungere alla cornice delle torri bianche, l’inconfondibile simbolo del quartiere Grotosoglio, che preannuncia la città.
Questo è uno scampolo di campagna che si presenta come un monumento vivente, la nostra più remota storia ancora oggi animata dal lavoro contadino, dai cavalli che si muovono accompagnanti dai cani, da una fauna che Milano sembra non conoscere, persino dalla garbata presenza di una coppia di cicogne.
Uno scampolo di territorio sospeso tra campagna e città, tra questo presente, fortunatamente ancora vicino alla bellezza, e un imminente futuro tristemente dominato dall’incontenibile lottizzazione: intorno alla cascina Basmetto si agita il valore simbolico di una metropoli chiamata a scegliere quali valori rispettare, poiché i luoghi, così come le città nel loro insieme, se vogliono essere veramente abitabili devono saper appartenere al cuore.
Il Comitato Basmetto, che si sta battendo per la salvaguardia di questo monumento di periferia, si è trovato come logo l’immagine della possente cascina sovrastata dal volo di un airone: questo è il presente, il futuro ci fa immaginare un nuovo logo dove i mattoni posati nel lontano 1.400, probabilmente dai frati benedettini che accoglievano il viandante che giungeva in città e che coltivavano la terra utilizzando magistralmente le acque, lasceranno il posto ai nuovi muri dei soliti palazzi sparati a raffica sul territorio.
I muri della storica architettura lombarda saranno presto soffocati dai soliti cubi di sei piani, ovviamente non costruiti per abitare, ma solo per farci dimenticare il volo degli aironi e il lavoro dei campi, per farci dimenticare la storia, che per noi ha il nome Basmetto.
Nelle ultime case a sud di Milano l’agricoltura è l’originario padrone di casa che già troppo si è sacrificato per accogliere i cittadini, ospiti che dovrebbero essere sempre grati – GratoSoglio - al territorio che li accoglie.
Le nuove costruzioni, in quello che è stato il Parco Agricolo Sud, saranno erette intorno agli storici muri della cascina soffocando in una implacabile morsa  la grandezza delle sue linee, chiudendo ogni prospettiva che ora invita l’occhio al gusto del bello, perché per ora, proprio lì, lo sguardo può ancora incontrare l’armonia, uno sguardo periferico che può ancora spaziare passando dall’abitazione alla spiga, dall’asfalto ai colori delle stagioni.
Chiediamo cortesemente la vostra attenzione poiché ci sentiamo testimoni di un atto vandalico ai danni del bello che sino a oggi è faticosamente sopravvissuto nelle nostre periferie; non possiamo stare zitti, indifferenti a ciò che, ancora una volta, sta accadendo: la sottrazione del “suolo bene comune”, la mortificazione dell’idea del bello come condizione dell’abitare.
La volontà di costruire case proprio intorno alla cascina, a pochissimi metri di distanza dai muri perimetrali, appare come una vera e propria disposizione da assedio: è un accerchiamento che soffoca la cascina deprivandola del suo spazio vitale.
Possiamo parlare di distruzione poiché è evidente che non ci troviamo di fronte al nobile atto del costruire, non siamo nell’ambito del pensiero, non siamo certo di fronte all’idea dell’abitare. 
Eppure questa campagna può rappresentare il futuro, assolutamente attuale nella sua apparente inattualità; è il luogo che può ancora comprendere nel suolo metropolitano la meraviglia della biodiversità, l’insegnamento sociale che la terra può affidare alla postmodernità.
Nelle periferie c’è un deficit di bello, è quindi necessario tutelare il valore estetico della cascina, delle sue vere mura, del suo essere autentico, poiché il bello deve essere vero, perché il bello ha sempre a che fare con l’etica.
L’etica, a differenza di questo dannato suolo, non ha prezzo, come la nostra dignità di abitanti delle periferie che non può essere svenduta ai soliti appetiti bulimici: non c’è prezzo per questa risorsa che è un bene comune.
La cascina Basmetto è il prezioso simbolo della bellezza sopravvissuta al degrado urbano, storia e natura alle porte di Milano, l’armonico innesto tra campagna e architettura, tra la produzione agricola e l’abitare metropolitano.
La dignità delle periferie è debole e invoca aiuto.
L’abitare ha bisogno di storia
Perché nella nostra città non c’è posto per l’idea di mantenere in vita ciò che c’è di bello?
 Perché dobbiamo sacrificare l’uno, il campo di riso, per salvare l’altro, il tetto cadente?

N.B. La cascina Basmetto, per il suo valore paesaggistico, è stato dichiarato un bene di  “interesse storico artistico”  il 05.06.2006, con decreto della Direzione  Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Lombardia  - ai sensi dell’ Art. 10 comma 1 del D Lgs 22.01.2004 N. 42 –
www.cascinabasmetto.it/ sito ufficiale della cascina

La storia di Basmetto è la storia di Gratosoglio, dal sito.100milano.com/cascine/

 Il quartiere a sud di Milano, chiamato “Gratosoglio”, è un territorio importante per la storia di Milano.

Le prime fonti storiche riguardo la cascina risalgono alla metà del XIV secolo e la indicano come preziosa proprietà del Monastero di San Barnaba in Gratosoglio. La stessa viene qualificata quale autenticità storica entro la periferia sud del Comune di Milano, periferia notoriamente carente di beni architettonici di valore storico, artistico e culturale. Una leggenda racconta della presunta venuta dell’apostolo San Barnaba a Milano, il quale raccontò dell’ospitalità, della convivenza e della convivialità avuta e che al momento di congedarsi, avrebbe detto “Ti saluto, o grata soglia”. San Barnaba è ritenuto uno dei fondatori della Chiesa Milanese e il suo saluto spiegherebbe l’origine del toponimo Gratosoglio. L’architettura di Cascina Basmetto è quella tipica della corte agraria lombarda chiusa.
A nord si trova l’edificio principale, “la Casa Padronale”, costruito su due piani; è la parte più alta dell’intera costruzione, esso spicca sia perché permette un controllo sull’attività interna sia per il portico a tre campate sorretto da quattro colonne di pietra e ricoperto da un pittoresco glicine. L’aia era considerata il cuore della cascina. I salariati, al mattino presto, lì, ricevevano le direttive e le mansioni per i lavori giornalieri. Sull’aia arrivavano i carri con il carico del raccolto, come ad esempio i cereali, che appena raccolti venivano stesi al sole per asciugare. In alto, sul tetto, si ergeva un piccolo campanile con un campana, il cui suono scandiva la giornata lavorativa, andato distrutto nell’agosto del 1999 dopo un cedimento strutturale e non più ripristinato. Ai lati est e ovest si trovano le abitazioni, un tempo destinate ai salariati, per tipologie di lavoro tipo il fattore, il camparo, il caporale, il mungitore. Nel blocco orientale ci sono le stalle coperte da un porticato e da fienili, le due stalle più piccole, un tempo utilizzate per il ricovero di cavalli e buoi, un tempo unica forza motrice per trainare i vari mezzi di trasporto e gli attrezzi agricoli (aratri, erpici, seminatrici) e una più grande stalla per le bovine da latte. Appena fuori sul retro della stalla principale si trova la letamaia e la porcilaia con la struttura architettonica tipica per il ricovero dei maiali, con soffittatura fatta di travi di legno e paglia di riso. Accanto al portone d’ingresso, un porticato ospita i macchinari e i due silos di stoccaggio per il riso. Sul retro della casa padronale c’è un bel giardino, l’orto ed il pollaio.
 Fino agli anni ’70 l’attività principale dell’azienda è stata l’allevamento di mucche da latte e di altre piccole bestie da cortile; purtroppo tale attività è andata via via scomparendo. Oggi l’azienda si basa sulla coltivazione di riso e mais e mantiene un piccolo allevamento di cavalli.
Con gli anni ’80 il Comune di Milano ha richiesto sempre più spesso all’azienda la cessione di porzioni di ettari di terreno per dar luogo ad insediamenti immobiliari, così nel corso degli ultimi anni la superficie coltivabile disponibile all’Azienda Agricola Basmetto si è ridotta di ben 20 ettari.


Nessun commento:

Posta un commento